domenica 14 dicembre 2014

Processi di produzione e lavorazione del Caffè


Processi di produzione e lavorazione del Caffè




1. Processi di produzione

La pianta del caffè è originaria dell’Etiopia, nella regione abissina di Kaffa, da dove si è diffusa nello Yemen, in Arabia ed Egitto.
Il caffè giunse in Europa intorno al Seicento, ma gli Arabi ne facevano largo uso da molti secoli. Il consumo di questa bevanda, inizialmente chiamata vino d’Arabia, si diffuse nel 1700; Venezia, una delle più importanti città marinare, lo commercializzò e qui nacquero i primi locali in cui era possibile degustare la nuova bevanda. Il caffè è consumato in quasi tutto il mondo. Il volume di affari che si muove intorno a questo prodotto è enorme: per valore economico è ai primi posti a livello mondiale, insieme a petrolio, acciaio e grano. L’economia di molti paesi dipende in gran parte dalle esportazioni di caffè.

1.1 Tipologie

Il caffè è una pianta tropicale che può raggiungere i 10 m di altezza, ma è coltivata mantenendola a circa 2 m per rendere agevole la raccolta dei frutti.
Molte sono le specie di piante del genere Coffea, ma solo due hanno rilevanza economica per la produzione del caffè: la Coffea arabica, detta solitamente arabica, e la Coffea canephora, nota comunemente come robusta. Delle due specie esistono poi molte varietà, derivanti da mutazioni naturali e dall’ingegneria genetica.
Varietà di caffè

Dall’arabica si ottiene un caffè di qualità migliore, dal giusto corpo, aromatico, con sapore meno amaro e più persistente. Ha una percentuale di caffeina dell’0,9-1,7% e rappresenta i 3/4 della produzione mondiale. Sensibile a caldo e umidità, cresce ad altitudini superiori ai 900 metri; maggiore è l’altitudine e migliore risulta la qualità del caffè prodotto.
La robusta costituisce 1/4 della produzione e produce un caffè di qualità inferiore, con molto corpo (questo è un pregio), un aroma debole, un gusto molto amaro, talvolta astringente, e una più elevata percentuale di caffeina, dal 1,6 al 2,8%. La pianta cresce ad altitudini di 200-300 metri sul livello del mare, in zone, quindi, più agevoli da raggiungere e nelle quali la gestione delle piantagioni è più semplice, resiste meglio alle malattie e prospera anche in condizioni climatiche più sfavorevoli, che non permetterebbero la produzione di caffè arabica.
Nella foto: Caffè arabica (sopra) e caffè robusta (sotto), crudi e tostati. Il seme dell’arabica è allungato, quello della robusta è più tondo, con un solco abbastanza dritto.


2. Processi di lavorazione eseguiti industrialmente


Dopo il raccolto, è importante estrarre in pochi giorni i chicchi dal frutto, altrimenti si deteriorano; per far ciò si può operare con il trattamento a secco o con il trattamento in umido.
Nel trattamento a secco i frutti sono fatti essiccare distendendoli al sole muovendoli più volte per evitare eventuali fermentazioni; l’operazione può essere eseguita anche in essiccatoi, con un risultato più rapido e sicuro, ma qualitativamente inferiore. Quando la polpa è secca si effettua la snocciolatura: si fanno passare le bacche in una macchina decorticatrice che spezza la buccia e il pergamino liberando i chicchi. 

Al termine, si fa la setacciatura, che prevede la separazione e contemporanea selezione per grandezza: con macchine setacciatrici si separano i chicchi da buccia e polpa, poi si dividono per grandezza facendo cadere e raccogliendo prima i chicchi più piccoli poi quelli di dimensioni maggiori. Il caffè così prodotto si chiama naturale o non lavato.

Nel trattamento in umido i frutti dopo la raccolta subiscono la spolpatura: passano attraverso macchine spolpatrici che, in un flusso continuo di acqua, rompono buccia e polpa liberando i semi. Questi, ancora ricoperti da mucillagine di polpa e pergamino, sono avviati alla fermentazione: vengono lasciati in vasche con acqua per 1-3 giorni, in modo che la mucillaggine fermenti e si decomponga. Di seguito i chicchi sono lavati dentro piccoli canali, poi sono essiccati al sole (o in essiccatoi).

Terminato l’essiccamento, come per il caffè naturale, si effettua la snocciolatura: il caffè viene passato in apposite macchine decorticatrici, che spezzano il pergamino senza danneggiare i chicchi e inviato alla setacciatura, con macchine setacciatrici che li selezionano e dividono per dimensione. Il caffè così ottenuto si chiama lavato.

 Il caffè lavato è di solito raccolto con il metodo picking, affinché tutti i frutti siano maturi e con la polpa tenera, per liberare i semi dalla polpa, per lavorare semi della stessa dimensione e per non rovinarli con le macchine durante la spolpatura. Questo metodo necessita di molta acqua ed è più lungo e costoso, ma il prodotto ottenuto ha una qualità migliore, e le partite sono più omogenee e costanti.


Le fasi di lavorazione



2.1 Spedizione


La spedizione





Dopo questi passaggi il caffè verde è spedito in sacchi di juta (in genere da 60 kg) verso i paesi
importatori.
Poiché il sistema di raccolta a stripping o meccanico sono molto diffusi, per avere un prodotto di
qualità è opportuno effettuare una selezione del caffè, eliminando i chicchi non al giusto grado di maturazione, rovinati o fermentati. L’operazione avviene con selezionatrici ottiche, che agiscono
inviando una luce su ogni singolo chicco e, in base al tipo di luce riflessa, la fotocellula fa o meno
scattare un meccanismo di scarto; i chicchi non idonei sono espulsi con un getto di aria compressa.
Questa operazione è svolta, assai raramente da alcuni paesi produttori e, più spesso, dalle migliori aziende torrefattrici.

(Nella foto: una selezionatrice elettronica)








2.2 Miscelazione

Per ottenere una bevanda dal giusto corpo, con buon aroma e gusto, è necessario miscelare più tipi di caffè, di varie qualità e provenienze.

La miscelazione consente anche di fornire un prodotto che nel tempo mantiene le stesse caratteristiche; il cliente abituale può così bere un caffè che nei vari anni ha lo stesso corpo, sapore e profumo.

 La miscelazione è impiegata per molti prodotti (tè, cognac, whisky, champagne...) perché il ciclo produttivo naturale non dà mai prodotti con caratteristiche identiche negli anni; miscelando più materie prime si riesce a mantenere una qualità pressoché costante nelle varie annate. Considerato che il consumatore si abitua a un gusto e lo abbina a una determinata marca, questa operazione è importantissima e viene programmata, di volta in volta, da personale esperto.

La miscelazione del caffè può avvenire prima o dopo la torrefazione; se si miscela prima si ottiene un prodotto più omogeneo per gusto e profumi, miscelando dopo si regola meglio la tostatura delle varie partite in base alla dimensione e tipologia dei vari caffè.
Si può miscelare prima solo se si utilizza un’unica tipologia di caffè (arabica) e i chicchi hanno una grandezza uniforme; in caso contrario dopo la torrefazione si otterranno chicchi bruciati o crudi.

2.3 Torrefazione o tostatura

All’arrivo in azienda, dopo l’eventuale miscelazione, il caffè è pronto per essere torrefatto, a una temperatura di circa 200-230 °C, per 10-15 minuti. La tostatura provoca importanti modifiche al chicco, che cala di peso, aumenta di volume, diventa friabile, prende un colore bruno e sviluppa al proprio interno molti componenti aromatici volatili. È dunque la tostatura che dona al caffè il gusto, l’aroma e il colore che lo caratterizzano.

Il grado di tostatura varia da paese a paese. In Italia, dove si preferisce una bevanda dal gusto forte e marcato, la tostatura è effettuata con temperature e tempi più elevati (al sud più che al nord); nei paesi che gradiscono un caffè dal gusto più leggero (come in Nord Europa e America del Nord) il grado di torrefazione è inferiore.


Dopo la tostatura, il caffè è velocemente raffreddato con getti d’aria fredda (più raramente con acqua), per evitare surriscaldamenti e bruciature, dovuti anche ai fenomeni chimici che si verificano all’interno dei singoli chicchi. È importante evidenziare che un caffè forte non è indice di un caffè di qualità maggiore, ma solo di una maggiore tostatura.


Torrefazione




2.4 Confezionamento

Il caffè verde si conserva a lungo senza problemi, ma dopo essere stato torrefatto le sue caratteristiche gustative e aromatiche durano pochi mesi; per questa ragione (e anche perché il grado di tostatura varia da paese a paese) la torrefazione avviene sempre nel paese consumatore.

Se lasciato aperto, il caffè tostato perde gran parte delle sue qualità in soli quindici giorni; il suo confezionamento è perciòmolto importante. Una volta torrefatto, il caffè – ancora caldo – viene confezionato immediatamente, per conservare più a lungo le sua qualità. I chicchi di caffè tostati, però, sprigionano gas derivanti dalla combustione, dei quali le tecniche di confezionamento devono tenere conto per evitare che i contenitori scoppino.
 
Per confezionare il caffè si utilizzano i quattro metodi sotto indicati.
  1. Confezionamento con chiusura non ermetica: il caffè viene chiuso in sacchetti praticando nella confezione 1-2 piccoli fori (in posizione poco visibile) che permettono ai gas sprigionati dai chicchi di uscire, ma anche all’aria di entrare. Il caffè così confezionato andrebbe utilizzato entro un mese dalla torrefazione. È una soluzione idonea per tutte le aziende che smerciano il prodotto in tempi rapidi.
  2. Confezionamento sottovuoto: il caffè viene confezionato previa eliminazione dell’aria; il contenitore è dotato di una valvola unidirezionale che fa uscire i gas, ma impedisce all’aria esterna di entrare. Questo sistema, molto usato per le confezioni di caffè in grani, consente al prodotto di mantenersi ottimamente per circa sei mesi.
  3. Confezionamento con pressurizzazione: il caffè è confezionato in contenitori metallici a tenuta stagna molto resistenti, creando il sottovuoto e immettendo gas inerti (azoto o anidride carbonica) con una bassa pressione. Una valvola di sicurezza unidirezionale elimina eventuali eccessi di pressione dovuta ai gas sprigionati dal caffè. Questo metodo, più costoso, consente una lunga conservazione (anche oltre 3 anni) e una migliore preservazione degli aromi volatili.
  4. Confezionamento sottovuoto spinto: il caffè viene confezionato eliminando l’aria all’interno del contenitore,ma in questomodo si aspira anche parte delle sostanze aromatiche volatili e l’anidride carbonica che si sprigionano dai chicchi dopo la tostatura (per evitare rotture).Questo metodo si utilizza in genere per il caffè macinato, che si mantiene bene per circa tre mesi, anche se il degasamento impoverisce la miscela di aromi.



Produzione del caffè




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